mercoledì 24 maggio 2017

L'influenza degli ambienti multitasking sull'apprendimento

Le nuove tecnologie hanno un impatto enorme sul modo di pensare, di riflettere e di apprendere. E quanto prima avviene l'impatto con queste, tanto più è profondo. Le espressioni "nativi digitali" e "immigrati digitali" distinguono la società odierna. Secondo la prima definizione i nativi digitali nascerebbero con la diffusione di massa dei PC a interfaccia nel 1985 e dei sistemi operativi a finestre nel 1993. Il nativo digitale crescerebbe in una società multischermo e considererebbe le tecnologie come un elemento naturale, non provando alcun disagio nel manipolarle e interagire con esse.
 Per contro l'espressione immigrato digitale si applicherebbe ad una persona che è cresciuta prima delle tecnologie digitali e le ha adottate in un secondo tempo.
                                                                                      

   



CLASSE NATIVI DIGITALI: USO DELLE TECNOLOGIE


CLASSE NATIVI CARTACEI: USO DEI   LIBRI DI TESTO

sabato 29 aprile 2017

L'educazione nella Grecia antica

Educazione nella Grecia antica – I Greci chiamavano l’educazione paidéia (da pais, “fanciullo”). Tale educazione doveva plasmare il corpo e l’anima del giovane, formandolo a quelle che sarebbero state le sue fondamentali funzioni pubbliche: quella di cittadino (in  quanto tale destinato alla politica) e quella di soldato (in quanto tale destinato alla guerra). La paidéia non comprendeva solo l’istruzione scolastica, ma proseguiva per tutta la vita del cittadino, che si formava anche nelle assemblee, nei tribunali, nelle feste religiose, nei teatri. Maestro di questa educazione “permanente” era la polis stessa. Il modello educativo applicato variava da polis a polis ma, anche in questo campo, Sparta e Atene rappresentavano esemplarmente due modelli contrapposti.

Il modello educativo di Sparta – I bambini e le bambine trascorrevano i primi anni di vita tra le pareti domestiche, affidati alla madre e, nelle famiglie che potevano permetterselo, a una nutrice quasi sempre di condizione schiavile.
All’età di sette anni, bambini e bambine lasciavano le proprie famiglie e passavano sotto il controllo di un funzionario statale preposto alla gioventù, il paidonòmos, ossia «prefetto dei fanciulli». Raggruppati per età, essi imparavano a socializzare, a rispettarsi reciprocamente, a emulare i migliori, a ubbidire ai compagni più grandi, armati di frusta, cui era affidata la guida del gruppo, a sottomettersi a una disciplina durissima. Errori e cedimenti comportavano punizioni severe e discredito presso i compagni, e potevano costare anche la vita. I fanciulli venivano forniti di un’unica veste e di un unico mantello per tutto l’anno, con cui dovevano affrontare anche il rigido clima invernale. Dovevano fabbricarsi da soli i propri giacigli con erbe e giunchi. Ricevevano pasti molto scarsi, così da abituarsi a sopportare il digiuno. Venivano impartiti loro rudimenti di lettura e scrittura, mentre le attività atletiche venivano privilegiate.
A Sparta questa formazione era perfettamente funzionale agli obiettivi dello Stato: il fanciullo doveva divenire un soldato, pronto a battersi fino alla vittoria o alla morte, la fanciulla una madre forte e coraggiosa.
Finito il corso di formazione, a coronamento dell’ultima tappa di questo duro percorso formativo, un limitato numero di ragazzi spartani era sottoposto al rito della krypteia: il giovane, portando con sé solo un pugnale e il necessario per mangiare, veniva allontanato dalla città. Di giorno si disperdeva in luoghi nascosti, di notte andava a caccia di iloti, per attaccarli e ucciderli a scopo di addestramento militare.

Il modello educativo di Atene – Completamente diverso era il percorso formativo ed educativo ad Atene.
Fino a sette anni, il fanciullo rimaneva in casa; della sua istruzione se ne occupavano i genitori oppure veniva affidato a un pedagogo (“colui che conduce il fanciullo”), in genere uno schiavo più istruito degli altri, che gli insegnava a leggere, a scrivere e a far di conto. Si scriveva su tavolette spalmate di cera (o a volte su semplici cocci) utilizzando uno stilo di metallo o d’avorio. A partire dal IV secolo a.C. si incominciarono a utilizzare fogli di papiro, sui quali si scriveva con una cannuccia appuntita chiamata kálamos e intinta nell’inchiostro (da cui il nostro “calamaio”). A sette anni, il fanciullo passava alla scuola del grammatico, il quale insegnava i primi rudimenti della letteratura e della retorica, basandosi soprattutto sui poemi omerici, per lo più da imparare a memoria. Verso i dodici anni iniziava a seguire i corsi di musica dal citarista; si imparavano a suonare strumenti a corda, come la cetra e la lira, e a fiato, come l’aulós, una sorta di flauto a due canne.
Pur con uno spazio molto più ridotto che a Sparta, l’educazione fisica aveva anche in Atene un’importanza essenziale: centrale è infatti, nella mentalità greca, l’idea che lo sviluppo dell’intelletto e quello fisico debbano procedere di pari passo. La ginnastica veniva praticata sia dai ragazzi sia dagli adulti, nei ginnasi, che comprendevano palestre e spogliatoi (“palestra”, in greco, si dice appunto gymnásion). La ginnastica aveva anche un preciso obiettivo civile: quello di preparare gli atleti per i giochi e per la guerra.
In merito alle fanciullle ateniesi c’è da fare una precisazione: soltanto in qualche raro caso di famiglia benestante le venivano insegnati rudimenti di lettura e di musica.
Il sistema formativo conobbe ad Atene una svolta nel corso del V secolo a.C. con la comparsa dei sofisti, insegnanti itineranti e lautamente pagati che istruivano i rampolli delle famiglie benestanti in molte discipline, ma sopratutto nell’arte del discorso, o retorica. Il sapere che essi impartivano ai giovani allievi si prefiggeva come fine la formazione del cittadino capace di partecipare attivamente alla vita della polis. Un insegnamento aperto a chiunque fosse in grado di pagarlo, quindi anche ai nuovi ceti in ascesa, non chiuso alla ristretta cerchia dei giovani aristocratici

venerdì 21 aprile 2017

L'educazione nel medioevo

Frequentare la scuola è diventato per i bambini e i ragazzi di oggi un gesto normale della vita quotidiana. Ovviamente la scuola non è sempre stata così come noi oggi la conosciamo. Anzi spesso in passato i bambini non frequentavano neppure la scuola, ma venivano educati in casa da precettori privati, quando la famiglia era in condizioni economiche tali da poterselo permettere. Se si trattava di nuclei familiari più poveri, era spesso la madre che si incaricava di istruire i figli, se era in grado di farlo.

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San Girolamo nello studio

Il Medioevo conobbe nei dieci secoli della sua durata, diverse forme di istruzione e di scuole. Alcuni tipi di scuole medievali sono sopravvissuti fino ad oggi, anche se hanno subito molte trasformazioni nel corso dei secoli. Altre invece oggi non esistono più. Innanzitutto dobbiamo tenere presente che nel Medioevo l’istruzione scolastica era un lusso che non tutti potevano permettersi e non era obbligatoria.
Nel Medioevo l’autorità pubblica non sempre aveva la capacità per organizzare scuole obbligatorie e gratuite, accessibili ai bambini di ogni classe sociale.

Nell'Alto Medioevo (dal 476 fino all'anno 1000), fu soprattutto la Chiesa a occuparsi dell’educazione dei giovani. Le scuole avevano quasi sempre sede all'interno dei monasteri.

Questo avveniva perché erano stati i monaci a conservare e tramandare la cultura non solo cristiana, ma anche classica, greca e latina, nei difficili secoli delle invasioni barbariche, seguiti alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. I monaci amanuensi ricopiavano con cura i codici antichi e il loro lavoro ha permesso la conservazione di molte opere che altrimenti sarebbero andate perdute.

All’interno dei monasteri si distinguevano due tipi diversi di scuole. Una era chiamata schola exterior, ed era destinata a bambini, sia ricchi che poveri, che vivevano con le loro famiglie nei paesi circostanti e ogni giorno andavano a scuola presso il convento. L’altra era detta schola interna. Qui venivano educati i cosiddetti "oblati". Gli oblati erano bambini e bambine che all’età di sei o sette anni venivano ‘donati’ dai genitori a un monastero. Tra le mura del chiostro iniziavano la loro istruzione e qui rimanevano tutta la vita dopo aver pronunciato i voti.
La scelta dei genitori segnava per sempre la vita del figlio, al quale naturalmente non veniva chiesto alcun parere. Nonostante l’impegno dei monaci nella trasmissione del sapere, nell’Alto Medioevo la maggior parte della popolazione era priva di qualsiasi istruzione.

Carlo Magno: la rinascita culturale

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Alcuino intento a scrivere. Miniatura.




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Esempio di scrittura carolina (miniatura del XII secolo)
Carlo Magno diede grande impulso alla diffusione di istituzioni scolastiche. Carlo Magno, re dei Franchi dal 768, era divenuto imperatore nella notte di Natale dell’anno 800. Il suo regno era chiamato Sacro Romano Impero, perché Carlo pur essendo cristiano, si considerava l’erede degli imperatori di Roma. L’imperatore non aveva ricevuto da ragazzo una istruzione particolarmente accurata. La leggenda lo ritiene addirittura analfabeta, cioè totalmente incapace di leggere e scrivere: probabilmente questo non era del tutto vero. Carlo sapeva leggere e far di conto, ma aveva enormi difficoltà nella scrittura, anche perché a quel tempo scrivere era una operazione molto più complicata e molto meno frequente di quanto non sia al giorno d’oggi. Nonostante ciò promosse l’uso di un nuovo tipo di scrittura, antenata dei nostri caratteri di stampa, detta appunto "carolina".

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Miniatura del IX secolo che ritrae Alcuino di York e Rabano Mauro
Era però un uomo molto interessato alla cultura. Sotto il suo regno ci fu una rinascita culturale e furono fondate molte scuole, sia all’interno dei monasteri che presso le chiese cattedrali delle maggiori città dell’Impero. Inoltre attorno alla corte del re si formò una accademia, chiamata schola palatina, diretta dal monaco anglosassone Alcuino.
L’accademia palatina era destinata all’educazione dei principi e dei giovani aristocratici, che lì apprendevano l’arte militare e il governo del popolo. Fu anche un attivo centro di studi di alto livello, di cui fecero parte alcuni dei maggiori intellettuali europei dell’epoca. Purtroppo questa istituzione non sopravvisse a lungo dopo l’887, anno della deposizione di Carlo il Grosso, ultimo successore di Carlo Magno.

giovedì 9 marzo 2017

Collegamento tra il film "stella" e la motivazione

Nel film, Stella è una ragazzina che viene trasportata in una realtà completamente diversa dalla sua: inizia a frequentare una scuola media di enorme importanza, in cui tutti gli alunni provengono da famiglie ricche, mentre lei proviene da una famiglia poco istruita e a cui non interessa molto l'andamento scolastico della figlia. Questa ragazzina si ritrova in una situazione in cui si sente un pesce fuor d'acqua, in cui capisce poco o niente le spiegazioni dei professori e combinati con lo scarso interesse che la famiglia nutre nei suoi confronti, Stella è fortemente demotivata. La sua salvezza è stata Gladys, una sua compagna di classe (l'unica che le rivolge la parola) che la sprona a studiare e l'aiuta. Grazie all'amica, la motivazione della ragazzina sale ed infine riesce ad essere promossa a fine anno.



 STELLA E GLADYS






 COPERTINA FILM

martedì 28 febbraio 2017

Motivazione e studio

In psicologia si parla di motivazione per indicare le ragioni per le quali si compie un'azione. Il passaggio dalla motivazione all'azione tuttavia può essere particolarmente complicato. Per questo Kuhl ha distinto tra orientamento motivazionale centrato sull'azione (tipico di chi agisce con decisione) e un orientamento motivazionale centrato sulla situazione (tipico di chi resta intrappolato nell'indecisione). I bisogni che spingono all'azione sono diversi, ma alcuni studiosi come Maslow ne hanno fornito una classificazione mettendo in rilievo il peso dei bisogni non materiali.

Il nostro comportamento è influenzato anche dal modo in cui spieghiamo ciò che accade. Si parla di attribuzione interna o locus of control interno quando il soggetto attribuisce a se stesso la responsabilità o il merito di quanto avviene. Si parla invece di attribuzione esterna o locus of control esterno quando il soggetto attribuisce a fattori esterni (fortuna, aiuto degli altri, circostanze) le ragioni del successo o insuccesso. Lo studioso Bernard Weiner sostiene che, in base al diverso tipo di attribuzione, la reazione delle persone agli eventi cambia sensibilmente.

In ambito scolastico lo stile attributivo influisce sul rendimento scolastico: chi ha fiducia nei propri mezzi èdestinato ad avere un rendimento scolastico migliore. Non è da trascurare il giudizio dei docenti, infatti il loro giudizio, le loro aspettative e convinzioni modificano le prestazioni degli allievi (o viceversa gli studenti si conformano a tale giudizio).

Le motivazioni sono distinte in intrinseche, quando sono radicate negli interessi del soggetto, ed estrinseche, quando coincidono con premi, regali, apprezzamento da parte di amici e genitori. In ambito scolastico sono soprattutto le motivazioni intrinseche a garantire un successo prolungato. Oltre alle motivazioni un ruolo determinante è svolto dallo stato d'animo: la fiducia o la paura possono indurre il successo o l'insuccesso.

giovedì 9 febbraio 2017

Insegnanti e allievi

All'interno della classe, docente e allievi rivestono status e ruoli differenti. Con "status" si intende la posizione occupata; con "ruolo" il comporamento che deriva da tale posizione. Lo status comporta una collocazione gerarchica: in base a questa, il docente detiene un potere e una responsabilità. La pedagogia contemporanea però assegna piuttosto al docente una funzione di direzione e guida. Gli allievi, a loro volta, oscillano tra il rispetto delle regole (a cui si collega il successo scolastico) e l'influenza dei coetanei (da cui dipende l'accettazione del gruppo dei pari). Anche il docente può trovarsi in una situazione di conflitto, dovendo scegliere tra tre modelli di comportamento: guida dominante (autoritaria), guida antiautoritaria (lassista), guida autorevole (democratica).
La vita di un adolescente e di un bambino si svolge tra famiglia e scuola, e proprio l'ingresso a scuola rappresenta un primo grande cambiamento con rischi di disagio nella vita familiare, se la famiglia non sa aprirsi adeguatamente all'esterno, concedendo più spazio ai figli e accettando le influenze esterne. Il sovrasistema scolastico, a sua volta, deve articolarsi "gestendo" la vita di soggetti diversi -allievi, docenti, personale non docente-, ciascuno dei quali portatore di una propria realtà.
Il docente dovrà essere in grado di gestire la propria emotività, evitando il sovraccarico emotivo che può prendere un aspetto patologico (il burn out, una sensazione di ineguatezza). Inoltre, deve evitare le situazioni di "doppio legame", nelle quali fornisce agli allievi indicazioni o disposizioni contraddittorie.
 

giovedì 2 febbraio 2017

Metacognizione

La metacognizione è la consapevolezza e insieme la capacità di riflettere sui propri stati interni: affettivi, cognitivi ed emotivi. Tale capacità è strettamente legata alla teoria della mente che invece è l’abilità di comprendere la mente altrui, evitando così di confondere il proprio mondo interno con quello delle altre persone. Queste due funzioni rappresentano un sistema di monitoraggio che regola il comportamento sociale e affettivo. Grazie al loro corretto sviluppo il bambino giunge a comprendere la relazione tra eventi e stati affettivi, arrivando a definire il significato dell’esperienza emotiva. Ne consegue che sarà anche capace di associare il nome corretto alle emozione e a comprenderne la natura contestuale e transitoria.

Didattica metacognitiva     

La metacognizione non è legata esclusivamente alla sfera affettiva, ma anche a quella cognitiva. Molte ricerche mettono in relazione queste competenze con l’apprendimento. Si è così giunti alla nascita della didattica metacognitiva guidata dalle conoscenze sul funzionamento cognitivo e delle variabili psicologiche sottostanti l’apprendimento (come l’autoefficacia e la motivazione). L’obiettivo finale è raggiungere e sostenere l’autoconsapevolezza e l’autoregolazione. I percorsi didattici portano a comprendere come ottenere le informazioni dall’ambiente circostante e come vengono utilizzate: gli studenti dovrebbero diventare sempre più autonomi nella gestione del pensiero senza applicare schemi di pensiero rigidi e stereotipati.

 

Fonte: crescita-personale